La gestione dei figli di coppie non sposate

Vilhelm Hammershøi - Interno con giovane donna vista di spalle (1904)
Una tutela che prescinde dallo stato civile dei genitori
La fine di una convivenza more uxorio che ha visto nascere dei figli pone questioni delicate che il nostro ordinamento affronta con particolare attenzione. È fondamentale comprendere che la legge italiana garantisce ai figli nati fuori dal matrimonio la stessa tutela e gli stessi diritti riconosciuti ai figli di genitori coniugati.
Quando una coppia non sposata si separa, le questioni relative all'affidamento, al mantenimento e alla gestione dei rapporti con i figli seguono infatti le medesime regole previste per la separazione dei coniugi.
Il principio dell'affidamento condiviso
Il nostro ordinamento privilegia l'affidamento condiviso come modalità ordinaria di gestione dei rapporti genitoriali dopo la separazione. Questo principio si fonda sul diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, a ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e a conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
L'affidamento condiviso implica che entrambi i genitori mantengano la responsabilità genitoriale e partecipino alle decisioni di maggior interesse per i figli. Le decisioni di ordinaria amministrazione possono essere assunte separatamente dal genitore presso cui il figlio si trova in quel momento, mentre quelle di maggior interesse richiedono il consenso di entrambi.
Quando l'affidamento condiviso non è possibile
Non sempre l'affidamento condiviso risponde all'interesse superiore del minore. Quando i genitori sono divisi da un'accesa conflittualità che rende impossibile una collaborazione nell'interesse dei figli, il giudice dovrà optare per l'affidamento esclusivo a uno solo dei genitori. Questa scelta viene effettuata valutando quale soluzione garantisca meglio il benessere psicofisico e lo sviluppo armonioso del minore.
Particolare attenzione viene posta anche ai casi in cui uno dei genitori abbia perso i contatti con il figlio e con l'altro genitore, non essendo più in grado di considerare la capacità, l'inclinazione naturale e le aspirazioni del minore .
La procedura per regolare l'affidamento
Per le coppie non sposate che si separano, il tribunale competente è quello ordinario nella sua composizione collegiale, sezione famiglia. I genitori possono presentare un ricorso congiunto, proponendo soluzioni concordate sull'affidamento, sui tempi di permanenza presso ciascun genitore, sul mantenimento e su tutti gli altri aspetti relativi alla vita dei figli.
In alternativa, quando non vi è accordo, uno dei genitori può presentare ricorso in via contenziosa. Il giudice, dopo aver ascoltato le parti e, se necessario, i minori che abbiano compiuto dodici anni o anche di età inferiore se capaci di discernimento, adotterà i provvedimenti più idonei nell'interesse dei figli.
Gli aspetti economici del mantenimento
Anche per i figli di genitori non coniugati valgono i medesimi principi in materia di mantenimento. Entrambi i genitori sono tenuti a contribuire in proporzione alle proprie sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo. Il giudice stabilisce l'importo dell'assegno di mantenimento considerando le esigenze del figlio, il tenore di vita goduto durante la convivenza, i tempi di permanenza presso ciascun genitore e le risorse economiche di entrambi.
Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio
Il giudizio di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio vede il minore normalmente rappresentato dai genitori nelle controversie concernenti l'esercizio della responsabilità genitoriale. Tuttavia, quando uno dei genitori non ha riconosciuto il figlio, la situazione richiede l'intervento del tribunale per accertare il rapporto di filiazione.
Questo procedimento giudiziale segue regole specifiche e può essere particolarmente complesso quando il presunto genitore biologico si rifiuta di procedere al riconoscimento spontaneo.
La prova attraverso gli accertamenti genetici
Nel contesto attuale, la prova del rapporto di filiazione viene ormai sempre effettuata per mezzo di accertamenti genetici. Il test del DNA rappresenta infatti lo strumento più affidabile e scientificamente valido per accertare la verità biologica della filiazione, come emerge dalla giurisprudenza che ha sempre più valorizzato la ricerca della verità biologica nelle azioni di riconoscimento della paternità.
L'esecuzione del test genetico avviene attraverso un semplice prelievo di un campione salivare, procedura non invasiva e di rapida esecuzione che fornisce risultati con un grado di certezza pressoché assoluto. Questa modalità di accertamento ha sostanzialmente semplificato l'istruttoria processuale, rendendo nella maggior parte dei casi superflua una più complessa attività probatoria.
Una più articolata attività istruttoria diventa necessaria solo quando il presunto genitore si rifiuta di sottoporsi al test del DNA. Tuttavia, è importante sottolineare che questa strategia difensiva è fortemente sconsigliabile. Il rifiuto di sottoporsi a un accertamento così semplice e non invasivo viene infatti valutato molto negativamente dal giudice, ponendo la persona in cattiva luce e potendo costituire, unitamente ad altri elementi, una presunzione di paternità. Il giudice può infatti trarre argomenti di prova dal comportamento processuale delle parti, e il rifiuto ingiustificato di sottoporsi all'esame genetico può essere interpretato come un tentativo di sottrarsi all'accertamento della verità.
Gli accertamenti del DNA anche post mortem
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la possibilità di effettuare accertamenti genetici anche dopo la morte del presunto genitore biologico. La giurisprudenza ha riconosciuto che il diritto del figlio a vedere accertato il proprio status non viene meno con la morte del genitore, permettendo quindi l'esecuzione di test del DNA post mortem quando necessario per stabilire la verità biologica della filiazione.
I diritti patrimoniali e successori
È fondamentale sottolineare che i figli nati fuori dal matrimonio godono degli stessi diritti dei figli nati all'interno del matrimonio, anche quanto al diritto di mantenimento nei confronti dei genitori. Questo principio si estende pienamente ai diritti successori: una volta riconosciuto, il figlio nato fuori dal matrimonio ha gli stessi diritti ereditari degli altri figli del genitore biologico, senza alcuna discriminazione basata sulle circostanze della nascita.
Il risarcimento del danno per mancato riconoscimento
Un profilo particolarmente importante riguarda la responsabilità del genitore che, pur essendo consapevole del rapporto di filiazione, si sia rifiutato di riconoscere il figlio. La giurisprudenza ha affermato che la condotta del padre che non abbia riconosciuto il figlio naturale e si sia rifiutato di adempiere gli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione può essere causa di un danno esistenziale per il figlio. Il figlio non riconosciuto può quindi agire in giudizio non solo per ottenere l'accertamento della filiazione, ma anche per chiedere il risarcimento del danno sofferto.
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