Abuso di dipendenza economica: la Cassazione sposta il focus dal contratto al mercato

03.09.2025

Con l'ordinanza n. 15023/2025, la Corte di Cassazione stabilisce un principio cruciale in materia di abuso di dipendenza economica. Non è sufficiente la presenza di clausole contrattuali squilibrate per determinare la nullità di un accordo. L'impresa che si ritiene danneggiata deve prima dimostrare la propria condizione di dipendenza, provando l'assenza di reali alternative economiche sul mercato al momento della stipula. Solo successivamente si potrà valutare l'effettivo abuso. La Corte sposta così il focus dal testo del contratto al contesto di mercato, riaffermando il principio della libertà negoziale.

 Udo J. Keppler, Standard oil (1904)

Con l'ordinanza n. 15023/2025, la Corte di Cassazione ha affermato un principio importante in materia di abuso di dipendenza economica.

La vicenda vedeva contrapposti un noto franchisor del settore caffè e un suo franchisee. I giudici di primo e secondo grado avevano dichiarato la nullità di alcune clausole del contratto di franchising, ritenendole espressione di un abuso di dipendenza economica. Nel mirino erano finiti, in particolare, l'imponente obbligo di acquisto minimo di prodotto e una clausola sulla durata del rapporto che, di fatto, lo legava indissolubilmente a un altro contratto (la locazione dei muri), rendendo il recesso estremamente oneroso.

La Cassazione ha ribaltato la prospettiva. Ha stabilito che l'errore dei giudici di merito è stato quello di far coincidere lo squilibrio contrattuale con l'abuso di dipendenza economica. Al contrario, la Corte ha delineato un percorso di accertamento molto più rigoroso, che si articola in due fasi distinte e successive:

Prima fase: la prova della dipendenza. Il presupposto imprescindibile per l'applicazione della norma è l'esistenza di una situazione di dipendenza economica. Questa, specifica la Corte, non può essere semplicemente presunta dalla presenza di clausole svantaggiose. Deve essere una condizione esterna e preesistente al contratto, che consiste nell'impossibilità per l'impresa "debole" di reperire sul mercato "reali alternative economiche". In altre parole, non basta essere un piccolo imprenditore che tratta con un colosso; bisogna dimostrare che, in quel preciso contesto di mercato, non c'erano altre vie percorribili.

Seconda fase: la prova dell'abuso. Solo una volta dimostrata in concreto la dipendenza, si può valutare se la controparte ne abbia "abusato". L'abuso si configura come un comportamento arbitrario, contrario a buona fede, che determina un "eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi".

Questa decisione ha implicazioni operative di grande rilievo:

Per l'impresa che si ritiene "vittima" di abuso: non è più sufficiente lamentare la durezza delle condizioni contrattuali. Diventa essenziale fornire una prova rigorosa del contesto di mercato al momento della stipula, dimostrando l'assenza di alternative praticabili che l'ha costretta ad accettare quelle condizioni.