Bigenitorialità prima di tutto. Lo stop della Cassazione all'affido "super esclusivo" facile

16.09.2025

Con la recentissima sentenza n. 24876 del 9 settembre 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione è intervenuta con un chiarimento di fondamentale importanza in materia di diritto di famiglia, delineando con precisione i confini tra l'affidamento esclusivo e la sua forma più restrittiva, di creazione giurisprudenziale, nota come affido "super esclusivo" o "rafforzato".

Giuseppe De Nittis, Colazione in giardino (1884)

La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 24876 del 9 settembre 2025, ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: la bigenitorialità è un diritto fondamentale del minore e deve essere sempre garantita. L'affidamento condiviso, disciplinato dall'articolo 337-ter del codice civile, rappresenta il modello preferenziale in quanto garantisce al figlio il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

La Corte ha chiarito che l'affidamento del minore a un solo genitore, disciplinato dall'art. 337-quater c.c., rappresenta già di per sé un'eccezione che richiede un'accurata valutazione. Tale decisione può essere presa solo quando l'affidamento all'altro genitore sia ritenuto contrario all'interesse del minore, sulla base di un'indagine complessa e completa, fondata su prove oggettive. 

La sentenza in commento, però, si spinge oltre, analizzando la prassi che ha portato alla nascita della figura dell'affidamento "super-esclusivo". In questo caso, al genitore non affidatario non solo viene preclusa la quotidianità con il figlio, ma anche la partecipazione alle decisioni di maggior interesse per la sua vita, come quelle relative all'istruzione e alla salute.

I giudici di legittimità hanno stabilito che tale misura, ancor più drastica, non può essere una semplice derivazione dell'affidamento esclusivo. Essa rappresenta una determinazione fortemente limitativa della responsabilità genitoriale, assimilabile alle misure ablative previste dagli articoli 330 e 333 del codice civile (decadenza e condotta pregiudizievole).

Di conseguenza, per disporre un affido "super esclusivo" non è sufficiente una generica conflittualità tra i genitori o una scarsa iniziativa di uno di essi nel rapporto con il figlio, come nel caso esaminato dalla Corte. È necessario un "quid pluris": la prova di condotte gravemente pregiudizievoli per il minore, direttamente e prevalentemente ascrivibili al genitore da escludere.

Questa sentenza segna un punto fermo a tutela del principio di bigenitorialità, arginando il rischio di un ricorso troppo disinvolto a misure che, di fatto, privano il minore di una delle due figure genitoriali. Si ribadisce che ogni decisione deve avere come unico punto di riferimento l'interesse superiore del minore, che, salvo prova contraria, si realizza nella presenza attiva e condivisa di entrambi i genitori.